Tafonomia e tecniche di imaging 3D: metodi, applicazioni e prospettive

Authors

  • Francesco Boschin Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.
  • Crezzini Jacopo Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.
  • Simona Arrighi Università di Bologna, Dipartimento di Beni Culturali, Via degli Ariani 1, 48121, Ravenna. Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.
  • Daniele Aureli Università di Bologna, Dipartimento di Beni Culturali, Via degli Ariani 1, 48121, Ravenna. Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.
  • Paolo Boscato Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.
  • Annamariaù Ronchitelli Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, U.R. Preistoria e Antropologia. Via Laterina 8, 53100, Siena.

DOI:

https://doi.org/10.15160/1824-2707/1526

Abstract

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento considerevole delle applicazioni di tecniche di imaging 3D in tafonomia. L’U.R. di Preistoria e Antropologia dell’Università degli Studi di Siena si è inserita in questo filone di ricerca fin dal 2009, sviluppando metodologie per l’applicazione della microscopia 3D allo studio tafonomico dei reperti archeologici (Figura 1). Un primo test, svolto ispirandosi ai lavori pionieristici di alcuni colleghi stranieri (cfr Bello e Soligo, 2008), ha riguardato la differenziazione, tramite l’analisi delle sezioni trasversali, delle tracce di macellazione prodotte con strumenti di metallo da quelle prodotte con strumenti litici. I risultati ottenuti, decisamente promettenti, hanno dimostrato l’utilità e l’importanza degli studi morfometrici in questo settore (Boschin e Crezzini, 2012) e costituito la base di partenza per ulteriori ricerche. Gli studi successivi rappresentano un tentativo di spingere le analisi a un livello più approfondito, con lo scopo di comprendere se l’uso di specifiche categorie di strumenti, o l’adozione di specifiche azioni, avessero un’influenza sulle caratteristiche dei segni lasciati sulle ossa (Crezzini et al. 2014, Moretti et al. 2015). Di particolare interesse è l’aver evidenziato come una stessa “categoria” di strumento potesse lasciare tracce differenti se utilizzata in maniera diversa. Allo stesso tempo, a fianco di analisi prettamente morfologiche dei profili, e analisi morfometriche semplici, che prevedevano l’utilizzo di singole variabili (profondità, larghezze, angoli) o rapporti tra esse, è stato testato l’utilizzo di analisi statistiche multivariate e della geometria morfometrica. Se da una parte l’applicazione delle prime ha dato risultati interessanti nell’ambito di studi eseguiti anche in collaborazione con altre istituzioni italiane (Boschin and Crezzini 2012, Duches et al. 2016), dall’altro la geometria morfometrica pone ancora alcuni problemi. In particolare, ci sono molti parametri che contribuiscono a caratterizzare la sezione trasversale di una traccia, ma non sempre è facile dare il peso a quelli “giusti”. Per esempio, la sezione trasversale di una stria presenta un fondo (che può essere stretto o ampio), un angolo di apertura e due pareti di uguale o differente lunghezza con o senza microstrie. Per un’analisi di geometria morfometrica, la presenza di microstrie sulla parete destra piuttosto che su quella sinistra può avere molto peso, ma non è detto che ciò abbia un significato da un punto di vista dell’identificazione dello strumento usato o dell’azione eseguita.

Attualmente gli studi fin qui svolti dimostrano l’importanza dell’applicazione delle tecniche di imaging 3D in tafonomia per distinguere macro categorie di tracce (strumenti di pietra e metallo, tracce di macellazione e strie prodotte da proiettili, modificazioni antropiche e dovute ad animali carnivori), ma altrettanto chiara è l’importanza della costruzione di protocolli sperimentali volti a creare una banca dati di riferimento. La sfida futura per questo tipo di studi sarà riuscire a caratterizzare in maniera molto più dettagliata gli agenti che producono le tracce (per esempio strie di macellazione prodotte da diversi tipi di strumenti, strie prodotte da strumenti in pietra realizzati con diverse materie prime, trampling ecc.).

Parole chiave: microscopia 3D; tafonomia; tracce di macellazione; archeozoologia; morfometria geometrica

3D imaging and taphonomy: methods, applications and perspectives Tafonomia e tecniche di imaging 3D: metodi, applicazioni e prospettive

The use of 3D imaging techniques in taphonomy increased in the last years. At the university of Siena, such techniques have been applied in prehistory since 2009, by means of digital microscopy (Figure 1). A first test, inspired by the work of some international colleagues (Bello and Soligo 2008), was focused on the distinction between cross-sections of cut marks produced with metal knives and cut marks produced with flint implements. The promising obtained results demonstrated how a morphometrical approach can be useful to characterize and study cross-sections of bone modifications from archaeological sites. Further studies tried to push this application to a more in-depth level, with the aim to understand how specific tools and actions can influence morphology of cut mark characteristics (Crezzini et al. 2014, Moretti et al. 2015). In particular, paying attention to the characteristics of the tool’s cutting edges, it was observed that a same “category” of lithic implements can leave different traces when used in different ways. At the same time, in addition to a morphological approach and to a more basic metrical one, the latter based on the analysis of single variables (such as for instance depth, breadth or opening angles) or ratio between them, other approaches were developed. In particular, it was tested the application of multivariate statistics and geometric morphometrics. The first one looks to be promising and was successfully applied to the study of several contexts also in collaboration with colleagues from other Italian institutes (Boschin and Crezzini 2012, Duches et al. 2016), whilst the latter, even if used at an international level, is affected by some problems. In particular, there are more parameters that contribute to characterize a mark’s cross-section, but it is difficult to give more weight to the “right” ones. For instance, a mark’s cross-section is characterized by a floor (wide or narrow), by an opening angle, by two slopes of equal or different length and by ancillary striations on the floor and on the slopes. A geometric morphometric analysis can for instance separate between marks with ancillary striations on the right side and ones with striations on the left side, but maybe this result can be senseless in taphonomy. The published studies demonstrated that 3D imaging of bone modifications can be used to separate between “macro-categories” of marks (stone tools vs. metal tools; butchering marks vs. impact drags; anthropic modifications vs. non-anthropic ones), and that it is important to build up a good experimental protocol with the aim to produce referential data. The future challenge is the characterization of more specific kind of marks (butchering marks produced with different stone raw materials or with different stone tools, trampling etc.).

Keywords: 3D microscopy; taphonomy; butchering marks; zooarchaeology; geometric morphometrics; 

 

Published

2018-02-03