Il sito gravettiano di Piovesello sullo spartiacque dell’Appennino settentrionale. Risultati da un’indagine geoarcheologica, archeobotanica, palinologica e archeologica.

Autori

  • Marco Peresani Università di Ferrara
  • Cesare Ravazzi Consiglio Nazionale delle Ricerche
  • Roberta Pini Consiglio Nazionale delle Ricerche
  • Davide Margaritora Università di Ferrara
  • Arianna Cocilova Università di Ferrara
  • Davide Delpiano Università di Ferrara
  • Stefano Bertola Università di Ferrara
  • Lorenzo Castellano New York University
  • Fabio Fogliazza Museo Civico di Storia Naturale
  • Gabriele Martino Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona
  • Cristiano Nicosia Università di Padova
  • Patrick Simon Musée d'Anthropologie Préhistorique de Monaco

DOI:

https://doi.org/10.15160/1824-2707/1509

Abstract

Gli insediamenti gravettiani dell’Europa sono tradizionalmente considerati come l’espressione della capacità di adattamento a condizioni climatiche rigide e talvolta estreme (Bocquet-Appel et al., 2005). Nell’Europa meridionale, climi più miti hanno tuttavia permesso di mantenere il popolamento di vaste regioni e di creare le condizioni per una sostenibilità della frequentazione antropica di aree marginali (Willis et al., 2000), come il margine della pianura padana settentrionale e lo spartiacque appenninico. L’influenza del clima mediterraneo ha quindi favorito la resilienza dei gruppi di cacciatori-raccoglitori e permesso loro di mantenere reti di scambio su lunga distanza. Il settore più settentrionale degli Appennini, ritenuto un’area priva di ritrovamenti, è stato la cornice di una recente indagine effettuata sul sito Gravettiano antico del Piovesello, localizzato a 870 m di quota sullo spartiacque ligure-emiliano (Peresani et al., 2016). Ricognizioni di superficie e attività di scavo programmato hanno permesso di indagare una paleosuperficie con manufatti litici in posizione primaria sigillati da una serie di colluvi limosi. L’integrazione di date radiocarbonio, analisi palinologiche e antracologiche ha concorso a ricostruire il paleoambiente dell’area circostante, dimostrando che il sito doveva trovarsi al di sopra del limite della foresta, in un ambiente semidesertico con vegetazione petrofitica, in prossimità delle fronti glaciali in corso di culminazione durante il GS5 (Peresani et al., in stampa). Le tracce della frequentazione umana si rivelano piuttosto effimere e sono legate all’utilizzo di strutture di combustione e alla produzione di manufatti litici, realizzati anche su materie prime provenienti dalla Francia meridionale. Nel loro insieme, le evidenze del Piovesello permettono di approfondire le conoscenze sulkle strategie messe in opera dai gruppi gravettiani nel quadro del popolamento umano durante la glaciazione. Sul piano paleoecologico, i risultati di questo studio assumono anche nuove implicazioni per la storia della biogeografia delle piante petrofile e dei loro relitti nell’Appennino settentrionale.

Biografie autore

Marco Peresani, Università di Ferrara

Dipartimento di Studi Umanistici

Cesare Ravazzi, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali

Roberta Pini, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali

Davide Margaritora, Università di Ferrara

Dipartimento di Studi Umanistici

Arianna Cocilova, Università di Ferrara

Dipartimento di Studi Umanistici

Davide Delpiano, Università di Ferrara

Dipartimento di Studi Umanistici

Stefano Bertola, Università di Ferrara

Dipartimento di Studi Umanistici

Lorenzo Castellano, New York University

Institute for the Study of the Ancient World

Cristiano Nicosia, Università di Padova

Dipartimento dei Beni Culturali

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Pubblicato

03-02-2018

Fascicolo

Sezione

Proceedings